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RAPPRESENTANTE LAVORATORI COLPEVOLE SE NON SEGNALA: CONFERMATA DALLA CORTE DI CASSAZIONE LA CONDANNA PER UN INFORTUNIO MORTALE

Scritto il 13 Ottobre 2023

In materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, l’articolo 50 del Dlgs 81/2008 (testo unico salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) attribuisce al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza un ruolo di primaria importanza, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Con tale considerazione, la Corte di cassazione, con una importantissima sentenza (la 38914/2023), ha respinto il ricorso presentato dal titolare dell’azienda e dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) avverso la condanna, per entrambi, della Corte di appello (e prima ancora, del Tribunale) a seguito dell’infortunio mortale occorso a un lavoratore mentre posizionava su una scaffalatura dei tubi metallici.

Era stato dimostrato che il lavoratore infortunato, nonostante fosse assunto con la qualifica di impiegato tecnico, di fatto svolgeva anche le funzioni di magazziniere: utilizzava regolarmente un muletto senza aver acquisito alcuna esperienza, senza corsi di formazione e addestramento pratico sull’uso di tale mezzo, né era stato formato sulle modalità di stoccaggio delle merci sulle scaffalature. Peraltro, il documento di valutazione dei rischi (Dvr) aveva espressamente previsto il pericolo di caduta delle merci stoccate, nonché la necessità che il carrello elevatore fosse utilizzato da personale specificamente formato.

La Suprema corte, nell’esaminare la posizione del Rls in relazione all’infortunio mortale,  ha valutato se, con la sua condotta omissiva, abbia contribuito o cooperato a a cagionare l’evento (articolo 113 del Codice penale).

In effetti l’articolo 50 del Dlgs 81/2008 pone a carico del Rls, tra l’altro, l’obbligo giuridico di «promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori». Inoltre il Rsl «fa proposte in merito alla attività di prevenzione» e «avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività».

Collegando tale obbligo di legge (peraltro non specificamente sanzionato dal testo unico) con le risultanze processuali, la Cassazione ha osservato come il Rls «non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge», in particolare consentendo che un impiegato tecnico fosse adibito a mansioni di magazziniere, senza aver ricevuto la relativa formazione, nonché l’addestramento all’utilizzo del muletto (articolo 71 del testo unico), né sollecitando in alcun modo l’adozione, da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante fosse stato sollecitato a farlo dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione della stessa ditta.

Si tratta indubbiamente di una sentenza “rivoluzionaria” perché registra una forte presa di posizione della Suprema corte, e dei giudici di merito, nei confronti del Rsl, figura che assume una maggiore importanza, se correttamente operante, nella organizzazione della sicurezza sul lavoro nelle aziende: argomento questo, la sicurezza sul lavoro nelle aziende, sempre più drammaticamente in prima pagina e al quale si deve dedicare una maggiore attenzione da parte di tutti gli attori coinvolti.

 

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