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Anticipazione del TFR: quando è un diritto e quando no

Scritto il 17 Giugno 2020

Dal 1982,  l’“indennità di anzianità” viene sostituita integralmente dal moderno istituto del TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Non tutti però conoscono le basi giuridiche che lo regolano, ed in particolare la normativa in tema della sua anticipazione. Vediamo allora di approfondire la questione in questo articolo.

 L’articolo 2120 del Codice Civile prevede che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore ha diritto ad un Trattamento di Fine Rapporto”. Tale istituto di diritto del lavoro è determinato sommando per ciascun anno di servizio una quota pari – e comunque non superiore – all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5.

L’importo così calcolato è poi soggetto alla “rivalutazione”, effettuata tenendo conto dell’inflazione, e dunque del calare del potere d’acquisto di una stessa somma di denaro col prolungarsi del tempo.

In particolare, l’importo di TFR accantonato  deve essere annualmente rivalutato applicando un tasso fisso pari all’1,5 per cento, incrementato di un importo pari al 75  per  cento dell'indice dei prezzi al  consumo  per  le  famiglie  di  operai  ed impiegati,  accertato  dall'ISTAT,  rispetto  al  mese  di   dicembre dell'anno precedente.

 

Qual è la retribuzione utile ai fini del computo del TFR?

 Ci risponde il comma 2 dell’art. 2120 C.C: Il TFR si calcola tenendo conto di tutte le somme, comprese l’equivalente delle prestazioni in natura (Fringe benefits, ad esempio) corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo NON occasionale, e con l’esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese.

Notiamo subito la portata di ampio rilievo del requisito della “non occasionalità”, riscontrabile, in linea con la giurisprudenza maggioritaria, per tutte quelle somme erogate al dipendente per obbligo normativo (ad esempio, la retribuzione) o contrattuale (ad esempio, il prevedere all’interno del contratto di assegnare un automobile per uso personale come fringe benefit) in modo ripetuto e costante. Alcuni esempi? La paga base, gli scatti di anzianità, le mensilità aggiuntive (13esima e 14 esima, ove prevista), lo straordinario NON occasionale, il superminimo individuale; e sono solo alcuni esempi certamente non esaustivi del catalogo di “prestazioni non occasionali” utili per il calcolo del TFR.

Ma entriamo nel cuore dell’istituto qua in esame.

 

Qual è la Ratio che sta dietro al TFR?

Il TFR è una tipologia di “retribuzione differita” (ossia: il diritto matura in un momento temporale, ma si percepisce la somma maturata solo successivamente), la cui finalità è garantire una certa liquidità nei confronti del lavoratore dipendente che vede cessare il proprio rapporto di lavoro (vuoi per dimissioni, vuoi per licenziamento, o per raggiungimento dell’età pensionabile), per soddisfare future necessità.

Al fine di preservare detta ratio, il legislatore limita e circoscrive in modo dettagliato le possibilità di richiedere un’anticipazione del TFR maturato, nel corso del rapporto di lavoro.

L’articolo 2120 C.C, recita al comma 8: “Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza  di  rapporto  di lavoro,  una  anticipazione  non  superiore  al  70  per  cento   sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione  del  rapporto alla data della richiesta”.

Si tratta dunque di un regime normativo volto a tutelare due interessi contrapposti:

  • da un lato si tutela l’esigenza del lavoratore di dover far fronte a determinati tipi di spese (di cui diremo poco oltre);
  • dall’altro si da tutela al datore di lavoro, ponendo un limite al numero di domande che devono essere soddisfatte.

Peraltro, a tutela del datore di lavoro, il 2120 C.C pone ulteriori paletti; prosegue l’articolo: “Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, (…), e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

Pertanto, facendo i calcoli, il DIRITTO all’anticipazione del TFR esisterebbe esclusivamente per lavoratori in aziende con almeno 25 dipendenti visto che il 4% di 25 dipendenti corrisponde esattamente ad 1.

E qui attenzione. Parliamo di “diritto”.

 Significa che il datore di lavoro non può rifiutarsi di corrispondere l’anticipazione del TFR solo qualora vi siano TUTTE le condizioni sopra indicate (8 anni di servizio del richiedente, soddisfazione di non più del 10% degli aventi diritto su base annuale, e solo nei confronti del 4% del totale dei dipendenti).

Si tratta tuttavia di condizioni poste da legge, derogabili in senso migliorativo da parte della contrattazione collettiva; e non è tutto. Qualora non dovessero esserci tutte le condizioni sopra indicate per poter parlare di “diritto” all’anticipazione del TFR in senso stretto, non significa certo che l’anticipazione del TFR sia impossibile. Infatti, nel caso in cui non vi siano le condizioni poste ex articolo 2120 del C.C, non si parlerà più di “diritto all’anticipazione del TFR”, bensì di “facoltà: sarà dunque il datore di lavoro che, nel pieno della sua discrezionalità, potrà decidere se anticipare o meno una determinata somma del TFR già maturata.

È fatta infine salva la possibilità che il “diritto” all’anticipazione in senso stretto sorga in conseguenza di accordi privati tra datore e lavoratore (e dunque con accordi individuali) che prevedano condizioni di miglior favore nei confronti del dipendente (al contrario, ogni tipo di deroga in senso peggiorativo rispetto a quanto previsto da legge o da contratto collettivo , è da considerarsi invalida).

IN QUALI CASI SI PUO' RICHIEDERE L’ANTICIPAZIONE DEL TFR?

IL 2120 C.C prevede che, il lavoratore subordinato possa richiedere l’anticipazione del TFR esclusivamente per i motivi indicati dal comma 8, che sono:

  • per sostenere spese sanitarie per terapie o interventi straordinari, i quali siano riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche, che attestino il reale bisogno clinico nonché l’importo economico da sostenere;
  • per l’acquisto della prima casa per sé o per i figli, documentato da atto notarile;
  • per spese da sostenere durante i congedi per la formazione e la formazione continua;
  • per sostegno economico durante i periodi di congedo parentale.

Infine, sottolineiamo che, nel caso in cui vi sia riscontranza di una di queste possibili motivazioni, che però comportino una necessità di spesa che è inferiore al 70 per cento di cui parla l’articolo 2120, il diritto all’anticipazione sorge solo sulla quota di spesa risultante da apposita documentazione da fornire al datore di lavoro.

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