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RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO ANCHE SENZA MOBBING: LA CASSAZIONE AMPLIA LA TUTELA DELLA SALUTE DEL DIPENDENTE

Scritto il 23 Ottobre 2025

Nel mondo del lavoro moderno, la tutela della salute del dipendente non si esaurisce nella prevenzione degli infortuni o delle malattie professionali. La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27685 del 16 ottobre 2025, ha ribadito un principio fondamentale: anche in assenza di un vero e proprio mobbing, il datore di lavoro può essere comunque responsabile per violazione dell’articolo 2087 del Codice Civile, se non garantisce la piena tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore.

Oltre il mobbing: la responsabilità “colposa” del datore di lavoro

Secondo la Suprema Corte, l’assenza di un intento persecutorio non esclude la possibilità che sussista una responsabilità datoriale. L’art. 2087 c.c. impone infatti un dovere di protezione molto ampio, che obbliga l’impresa ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare non solo la sicurezza fisica, ma anche la salute psichica e la dignità personale del lavoratore.

Ciò significa che comportamenti anche solo colposi — come atteggiamenti umilianti, mancata attenzione alle condizioni di salute del dipendente o negligenze nell’organizzazione del lavoro — possono determinare una violazione di legge e, di conseguenza, fondare il diritto del lavoratore al risarcimento del danno.

Mobbing, straining e obblighi di tutela

L’Ordinanza chiarisce inoltre che le nozioni medico-legali di mobbing e straining hanno valore descrittivo ma non vincolano il giudice. Anche quando le condotte del datore non rientrano nelle definizioni tradizionali di mobbing (azioni vessatorie sistematiche e reiterate nel tempo) o di straining (singoli episodi di pressione psicologica), il giudice può comunque riconoscere la violazione dell’art. 2087 c.c.

Questo perché il dovere di protezione datoriale si fonda su un principio di ampia responsabilità organizzativa e gestionale: il datore di lavoro deve prevenire qualsiasi situazione che possa compromettere la serenità, la salute o la personalità morale del lavoratore.

Un nuovo orizzonte di tutela per i lavoratori

La pronuncia della Cassazione segna un ulteriore passo in avanti verso una visione più moderna e completa della salute nei luoghi di lavoro, intesa non solo come assenza di malattia, ma come benessere psicofisico complessivo.

Il messaggio per le aziende è chiaro: la cultura della sicurezza deve estendersi al piano relazionale e organizzativo. Tollerare comportamenti lesivi, trascurare situazioni di disagio o ignorare segnali di stress e isolamento può comportare una responsabilità civile, anche in assenza di dolo o persecuzione sistematica.

Conclusioni

L’Ordinanza n. 27685/2025 ricorda alle imprese che la tutela della salute del lavoratore non è un adempimento formale, ma un obbligo sostanziale che coinvolge l’intera organizzazione del lavoro. Prevenire il disagio psicologico, promuovere un ambiente rispettoso e garantire un clima relazionale sano sono oggi elementi imprescindibili della responsabilità datoriale.

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