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Malattia, infortunio, maternità, permessi: quali sono le novità? Lo Studio Tumminelli risponde alle domande più frequenti

Scritto il 27 Aprile 2020

Da oltre due mesi a questa parte siamo stati allenati alla resilienza: nel mondo del Diritto del Lavoro tantissime cose sono cambiate, stanno cambiando, e continueranno a cambiare. E noi con la nostra consulenza del lavoro ci adattiamo, ma per poterci adattare al meglio è necessario conoscere per poi provare a dissipare i dubbi. In questo articolo vi proponiamo le FAQ che rispondono alle vostre domande più frequenti, ai vostri dubbi più diffusi: rapporti degli istituti contrattuali con le CIG, come impattano sulle buste paga, sicurezza sul lavoro e molto altro.

Un dipendente, già in cassa integrazione a zero ore, diventa positivo al Covid-19: gli spetta la malattia?

No. Se il dipendente è già in cassa integrazione a zero ore continua ad applicarsi il trattamento di integrazione salariale di cui sta già beneficiando. In questa situazione non è neppure necessario che il lavoratore si faccia certificare dal medico curante lo stato di malattia. Diversamente, se la sospensione dall’attività lavorativa è solo parziale, allora spetterà solo il trattamento di malattia, e sarà necessario l’apposito certificato del medico curante.

Un dipendente risulta positivo al Covid-19 ed è pertanto in malattia; solo dopo l’azienda va in cassa integrazione. Continua a beneficiare del trattamento di malattia oppure va in cassa integrazione?

Dipende:

  • se l’azienda sospende tutti i lavoratori a zero ore, il dipendente positivo inizierà a beneficiare della cassa integrazione, come tutti;
  • se non è sospesa dal lavoro la totalità degli addetti in forza all’ufficio o al reparto di appartenenza del lavoratore, il lavoratore continuerà a godere dell’indennità di malattia.
  • Se è prevista una mera riduzione parziale (dunque non a zero ore), dell’attività lavorativa, allora il relativo trattamento di cassa integrazione non è dovuto, in alcun caso, per le giornate di malattia.

Un dipendente del settore privato è destinatario di un provvedimento amministrativo che impone la quarantena con sorveglianza attiva o la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, pur non essendo positivo al Covid-19: qual è il trattamento per questo dipendente?

La quarantena imposta ad un lavoratore, anche se non positivo al Covid-19, è equiparata alla malattia; si tratta di una malattia che non si computa in alcun modo al periodo di comporto. Dal punto di vista pratico, verrà quindi redatto un certificato di malattia da parte del medico curante, indicando gli estremi del provvedimento amministrativo che ha dato origine alla quarantena del lavoratore. Se invece lo stesso provvedimento e diretto nei confronti di un dipendente pubblico, vi sarà equiparazione non alla malattia, bensì al ricovero ospedaliero.

Un dipendente a cui è riconosciuta una disabilità grave, oppure a cui è stato riconosciuto, da organi medico-legali, una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, si assenta dal lavoro: qual è il trattamento previsto per questi lavoratori?

Essendo tali dipendenti riconosciuti come fasce più deboli, e dunque soggetti più a rischio in caso di contagio da Covid-19, la loro assenza lavorativa, è equiparata al trattamento economico spettante per il ricovero ospedaliero. Un trattamento dunque di maggior favore rispetto alla malattia, in quanto anche per i primi 10 giorni di assenza non vi è riduzione retributiva.

E’ vero che la malattia per Covid-19 è a carico dello Stato (INPS) al 100%?

Si, è vero, è una delle previsione del Decreto Cura Italia (articolo 26 comma 5 D.L 18/2020), ma è necessario fare delle precisazioni: ad oggi mancano le indicazioni operative necessarie per poter procedere in questo senso. Infatti, è prevista la malattia a carico dello Stato, ma dietro presentazione di un’istanza ad hoc all’ente previdenziale, peraltro nei limiti delle risorse stanziate (130 milioni di euro). Pertanto il datore di lavoro deve continuare ad agire come se fosse una normalissima malattia ordinaria, chiedendo poi il rimborso delle spese sostenute solo una volta che l’INPS fornirà le dovute indicazioni.

Un lavoratore subisce un infortunio sul lavoro: cosa succede in caso di cassa integrazione?

L’infortunio sul lavoro prevede un trattamento d’indennità a carico dell’INAIL; esso prevale in ogni caso sui trattamenti di integrazione salariale.

Quindi:

  • se il lavoratore subisce infortunio lavorativo e successivamente l’azienda va in cassa integrazione: il lavoratore continua a beneficiare dell’indennità a carico dell’INAIL;
  • se il lavoratore subisce infortunio lavorativo mentre beneficia di un trattamento di integrazione salariale per riduzione dell’orario lavorativo: in questo caso il lavoratore smette di beneficiare della cassa integrazione, e riceverà solo il relativo trattamento a carico dell’INAIL.

E’ vero che se il lavoratore viene contagiato dal Covid-19 sul posto di lavoro si tratta di infortunio, e non di malattia?

Si, è vero. Il contagio sul posto di lavoro viene riconosciuto come infortunio, ed è pertanto a carico dell’INAIL. Il presupposto tecnico-giuridico, che consente di trattare il contagio come infortunio è quello dell’equivalenza tra causa violenta, richiamata per tutti gli infortuni, e causa virulenta, costituita dall’azione del nuovo Coronavirus.

Come capire se il contagio di un dipendente è avvenuto sul lavoro (e dunque a carico INAIL) o se è avvenuto in ambito privato (e dunque imputabile a malattia)?

Dipende dal settore lavorativo di appartenenza. Vi sono infatti alcuni settori considerati più a rischio di altri, dove è presente un “rischio specifico”; in tali settori opera una presunzione legale: ciò significa che se un soggetto appartiene a determinate categorie lavorative, si presume che il contagio sia avvenuto sul lavoro, senza ulteriori indagini, comportando il diritto all’indennità a carico INAIL. Un elenco esemplificativo, contenuto nella circolare n.13 del 2020 del’INAIL, indica alcuni settori in cui è presente il “rischio specifico”, e dunque opera tale presunzione; appartengono a questa categoria, ad esempio: operatori sanitari, lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno delle strutture sanitarie con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi.

Negli altri casi dove non è presente il “rischio specifico”, per il riconoscimento di contagio come infortunio sul lavoro, sarà necessario un accertamento medico-legale, il quale valuterà la presenza o meno di fattori di rischio specifico nel posto di lavoro in cui operava il dipendente contagiato.

Una dipendente è in gravidanza, deve andare in maternità: cosa succede se è in cassa integrazione?

Il trattamento di maternità prevale sempre sul trattamento di integrazione salariale. La dipendente in cassa integrazione che entra in maternità, smetterà di percepire l’integrazione salariale, percependo solo la relativa indennità di maternità.

Una dipendente è titolare di permessi di allattamento. Se l’azienda va in cassa integrazione, potrà beneficiare ancora di tali permessi?

Dipende se la sospensione dell’attività lavorativa, da cui deriva l’integrazione salariale è a zero ore se si tratta di sospensione parziale. Nel caso in cui la sospensione sia a zero ore, non spetteranno i permessi di allattamento. Infatti, è presupposto essenziale per poter beneficiare di tali permessi, la presenza di attività lavorativa.

La lavoratrice/il lavoratore, ha deciso di avvalersi dei congedi parentali facoltativi. I congedi parentali sono compatibili col trattamento di cassa integrazione?

No. I congedi parentali non sono compatibili con i trattamenti di integrazione salariale. Pertanto la lavoratrice/il lavoratore continuerà a beneficiare di tale congedo, e non del trattamento di cassa integrazione.

La lavoratrice/il lavoratore beneficiario di integrazione salariale per riduzione dell’attività lavorativa parziale, può beneficiare anche del bonus baby sitter previsto dal decreto cura Italia?

Si, in questo caso vi è compatibilità tra i due trattamenti economici. Pertanto la/il dipendente potrà cumulare il bonus baby sitter al trattamento di cassa integrazione.

I giorni di permesso da legge 104 sono compatibili col trattamento di cassa integrazione?

Dipende:

  • in caso di sospensione a zero ore i permessi da legge 104 non spettano;
  • in caso di riduzione dell’attività lavorativa su base verticale (vengono ridotti i giorni lavorati della settimana, rispetto al normale): i permessi spettano in modo proporzionale rispetto alla riduzione verticale;
  • in caso di riduzione dell’attività lavorativa su base orizzontale (si lavora lo stesso tutti i giorni, come prima della riduzione, ma con orario ridotto): in questo caso i permessi da legge 104 spettano in modo pieno.

Le ferie maturano in caso di sospensione dell’attività lavorativa?

Le ferie sono uno strumento utile al lavoratore per il recupero delle energie psico-fisiche. Pertanto:

  • in caso di sospensione a zero ore, essendo assente attività lavorativa, le ferie non maturano in alcun modo;
  • se la sospensione è parziale allora le ferie maturano, ma in modo proporzionale rispetto alle ore effettivamente lavorate.

Nei prossimi giorni arriverà il tanto atteso “decreto di aprile”, che potrebbe ampliare il sistema di tutele per lavoratori e imprese, sperando ovviamente che non arrivi…in maggio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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