LE NOVITÀ PER IL CONTRATTO A TERMINE DOPO LA CONVERSIONE DEL DECRETO LAVORO
Scritto il 08 Settembre 2023
Con la recente conversione del D.L. 48/2023 (Decreto Lavoro) si delineano in via strutturale le novità riguardanti il contratto a tempo determinato
Per sintetizzare si potrebbero distinguere queste linee di intervento:
- modifica delle causali previgenti per contratti a durata prefissata, anche per sommatoria, superiore ai 12 mesi;
- modifica per i casi di rinnovo contrattuale;
- nuova regola transitoria di salvaguardia per il conteggio dei suddetti 12 mesi.
In tema di causali, oltre l’ampia delega concessa alle parti sociali, in relazione alla definizione delle stesse in ambito di contrattazione, si rileva una provvisoria possibilità per le parti del contratto individuale, fino al 30 aprile 2024, di andare a individuare la specifica necessità che comporta e giustifica il superamento del periodo acausale, sempre che la contrattazione collettiva non abbia già regolamentato detta questione. Il riferimento a “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” richiama in toto le vecchie causali, con tutti i loro potenziali problemi di contenzioso; il ricorso a tale strumento, sul piano individuale, risulta quindi molto delicato.
Altra novità è la sostanziale parificazione tra proroghe e rinnovi in tema di necessità di apposizione di causale. Si ricorderà come, nella disciplina previgente post Decreto dignità, nel caso di proroga la causale avrebbe dovuto essere inserita solo nel momento in cui, con quella specifica proroga, la durata contrattuale andava a superare i 12 mesi. Diverso era invece il discorso per il caso di rinnovo contrattuale, dato che proprio in sede di rinnovo, al di là della precedente durata del contratto a termine, scattava inesorabile l’obbligo di casuale. Con la recente novità entrambi tali istituti non necessitano di causale se il rapporto di lavoro resta nell’ambito della durata massima acausale (12 mesi).
Infine, una regola di salvaguardia, dal valore transitorio ma molto rilevante. In sostanza il Legislatore, tracciando una netta linea tra le regole ante e post Decreto lavoro, è andato a indicare come per il calcolo del periodo di 12 mesi si tenga “conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. Una sorta di ripartenza del conteggio del periodo acausale a partire dal 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del D.L.). Si noti come il nuovo conteggio sia legato ai “contratti stipulati” a far data dal 5 maggio scorso, non rilevando pertanto quei contratti a termine stipulati in precedenza e scadenti dopo la suddetta data; come si può valutare, in tal modo potrebbero verificarsi casi con periodo acausale anche molto lungo (mai, comunque, oltre i 24 mesi, durata massima del tipo contrattuale per rapporti tra le medesime parti conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale).
Quest’ultima norma pone tuttavia alcuni interrogativi di ordine operativo, per cui sarà necessario attendere le istruzioni amministrative che verranno emanate dal Ministero.
Si riscontrano inoltre delle novità anche in relazione alla disciplina dei rapporti in somministrazione a tempo indeterminato. Si ricorda che, salvo diversa previsione dei Ccnl applicati dall’utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati, con contratto a tempo indeterminato, non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del sopra indicato contratto.
La novità proposta dal Decreto lavoro specifica che, dal conteggio relativo al limite appena evidenziato, dovranno essere esclusi:
- quei lavoratori assunti dall’Agenzia di somministrazione con contratto di lavoro in apprendistato;
- quei soggetti che risultano disoccupati e che godono, da almeno 6 mesi, di trattamenti di disoccupazione o di ammortizzatori sociali;
- quei soggetti svantaggiati o molto svantaggiati, come individuati dal Decreto Ministeriale del 17 ottobre 2017.
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